138999Giovanni Pietro Nimis
TERRE MOBILI
Dal Belice al Friuli dall’Umbria all’Abruzzo
Donzelli Editore
2009, pp. XII-116

 

 

 

Al centro del libro di Giovanni Pietro Nimis e del suo interrogarsi vi è in realtà l’Italia repubblicana tutta intera. Ci siamo noi: non solo e non tanto la nostra capacità o incapacità di misurarci con l’emergenza, con i disastri che ci travolgono, ma più ancora la nostra frequente rimozione dei doveri fondamentali di un paese”. Con queste parole Guido Crainz apre l’introduzione al saggio “Terre Mobili”, scritto da Giovanni Pietro Nimis, architetto e urbanista che ha curato la pianificazione generale per la ricostruzione dei comuni friulani di Gemona, Venzone e Artegna, colpiti dal sisma del 1976.

Il libro ci conduce attraverso l’altalenante evoluzione di un Paese costretto ogni volta a ricostruirsi prima di tutto un modo di scegliere, di decidere e agire. Non è solo la storia delle ferite lasciate dai terremoti, si tratta, di più, del racconto che percorre le tracce dell’ondivago progredire di una democrazia imperfetta, fragile come gli oggetti spazzati via dalle scosse, fondata su una memoria labile che quasi mai ci permette di fare tesoro degli errori del passato e di valorizzare le esperienze positive nate e radicate negli elementi identitari dei territori chiamati a risorgere.

Non si tratta di un saggio tecnico ma di una vera e propria opera letteraria, che a razionali strumenti di analisi associa la forza della memoria e dell’emozione che la stessa porta con sé, anche trasfigurando gli eventi e facendo emergere chiavi di lettura in grado di aprire porte interpretative inconsuete perché, come afferma lo stesso Nimis, “la letteratura può entrare a volte nel cuore delle cose più dei resoconti tecnici e delle disquisizioni specialistiche”.